Progetto Donne e Futuro
tre anni di impegno a favore delle donne

di Alessandra Perera
Progetto Donne e Futuro tre anni di impegno

Progetto Donne e Futuro spegne, quest’anno, la sua terza candelina: la sfida lanciata a settembre 2010 dall’avvocato Cristina Rossello si è trasformata in una delle più efficaci esperienze dedicate alla valorizzazione del lavoro femminile nel nostro Paese. Un successo testimoniato dai numeri, dagli obiettivi raggiunti, e dalla fitta rete di consensi che Progetto Donne e Futuro ha saputo raccogliere in questi anni: 22 borse di studio assegnate ad altrettante ragazze meritevoli, 25 anni la loro età media, una borsa di studio speciale all’ Accademia Musicale, la Ferrato Cilea di Savona, 18 tra incontri di presentazione organizzati in vari comuni d’Italia, tavole rotonde e convegni dedicati al contributo femminile nelle professioni, nell’arte, nello sport e nelle imprese per lo sviluppo dell’economia, un progetto speciale dedicato alla sensibilizzazione sulle tematiche di genere fra gli studenti della scuola secondaria, una collana editoriale con titoli di alto profilo culturale, un Osservatorio scientifico in grado di monitorare l’andamento territoriale dell’occupazione femminile e infine una task force per la sorveglianza sull’attuazione della legge sulle quote di genere nel nostro Paese.
La forza di Progetto Donne e Futuro sta nella semplicità del suo messaggio: premiare il merito e il talento femminile, innescando una vera e propria rivoluzione culturale in grado di creare, in Italia, le condizioni per cui le donne di valore possano trovare facilmente il posto che loro spetta. Il percorso è però tortuoso: da una parte le resistenze culturali di una società in cui il lavoro ha da sempre una connotazione maschile, dall’altra una crisi economica sistemica che ha ridotto le opportunità di crescita professionale in particolar modo per le donne. E se è vero che ad un primo esame dei dati salta agli occhi come l’occupazione femminile abbia tenuto meglio, in periodo di crisi, di quella maschile, “Il peggioramento delle condizioni generali del mercato del lavoro degli ultimi anni - dice Linda Laura Sabbadini, Direttore del Dipartimento Statistiche sociali e ambientali dell’Istat - ha però intensificato il fenomeno della segregazione di genere,  che, dopo una sostanziale stabilità nel periodo 2004-2008, a partire dal 2009 è cresciuta sistematicamente e nel 2012 ha registrato un aumento ancora più marcato.” Secondo i dati Istat, l’aumento dell’indice di segregazione è da imputare soprattutto al rafforzamento della presenza delle donne nelle professioni già fortemente femminilizzate (lavoro d’ufficio e servizi sanitari e alle famiglie). Inoltre, dall’inizio della crisi, il ritmo di crescita dell’occupazione femminile nelle professioni non qualificate è più che doppio rispetto a quello degli uomini e più che triplo nell’ambito delle professioni che riguardano le attività commerciali e i servizi. “Si tratta, nella quasi totalità dei casi - continua Linda Laura Sabbadini - di contratti a tempo parziale e determinato: aumentano i part-time cosiddetti “involontari” (quelli imposti dall’estensione dell’orario di lavoro delle aziende ndr) e diminuiscono quelli a tempo pieno”. Tra le donne che hanno un lavoro a tempo parziale è inoltre più elevata la quota di occupate a termine. Si tratta di 603 mila occupate, un valore più che doppio rispetto a quello della componente maschile e cresciuto di più di 11 punti solo tra il 2011 e il 2012. “Nonostante la maggiore tenuta dell’occupazione femminile negli anni della crisi - continua la dott.ssa Sabbadini -  la quota di donne occupate in Italia rimane, comunque, di gran lunga inferiore a quella dell’Ue e concentrata nei servizi: nel 2012 il nostro tasso di occupazione femminile si attestava al 47,1 per cento contro un 58,6 per cento della media Ue.” Ovviamente non va meglio se si analizza la situazione dal punto di vista della retribuzione: la bassa valorizzazione delle competenze, la segregazione occupazionale e la maggiore presenza nel lavoro non standard sono elementi che concorrono a spiegare la disparità salariale femminile.  In media, la retribuzione netta mensile delle dipendenti resta inferiore di circa il 20 per cento a quella degli uomini. In una carriera spesso contraddistinta, oltre che dalla maggiore presenza dei fenomeni di sovraistruzione, anche da episodi di discontinuità dovuti alla nascita dei figli, il differenziale salariale a sfavore delle donne aumenta con l’età, soprattutto per le  laureate  a cui si aggiunge, sui valori medi, l’effetto “soffitto di cristallo”. Ma ci sono dati positivi, ricorda Sabbadini: “Nonostante il lavoro autonomo femminile sia complessivamente in calo (-77.000 dal 2008 al 2012), le libere professioni reggono alla crisi e registrano un aumento di 68.000 unità attestandosi nel 2012 a 396.000 (22,9% delle autonome e 4,2% del totale tra le donne occupate).” L’aumento delle libere professioniste riguarda principalmente le autonome senza dipendenti, che operano nelle professioni del ramo socio-sanitario (dentiste, veterinarie, infermiere, ecc.). Rimangono sostanzialmente stabili avvocati, architetti e commercialisti.” Questo è un dato positivo da tenere ben presente - dice ancora la Sabbadini -  comunque puntare sul merito rappresenta un vantaggio per le donne, che dalle statistiche emergono come coloro che hanno migliore riuscita, sia dal punto di vista delle votazioni conseguite che dal punto di vista delle competenze.” Scenari che però non sono alla portata di tutte, e per questo è importante insistere sul tema della valorizzazione del merito, a tutti i livelli: per Sabbadini “Il cammino tracciato fin qui da Progetto Donne e Futuro è di vitale importanza per il futuro del nostro Paese, soprattutto perché ha il merito di aver sollevato il tema della disparità, proponendo un approccio al contempo pratico e scientifico. La sua peculiarità è di puntare sulla trasmissione delle competenze tra donne in un’ottica di solidarietà’ attiva, privilegiando la selezione rispetto alla cooptazione. Certo, come donne, non sarà facile recuperare il gap secolare di genere che ha contraddistinto il nostro Paese, ma se si punta su competenza, passione per le cose che si fanno e determinazione, avremo maggiori chance per farcela, e sono molte le storie e i casi che lo dimostrano”.
Progetto Donne e Futuro si pone così, grazie al suo approccio metodologico, al centro del mondo dell’associazionismo femminile no profit italiano, un mondo ricco e variegato che affronta, a vari livelli, tutti i temi connessi alla parità di genere. Si passa da associazioni di studio e promozione di una cultura di genere attenta alla parità come la Fondazione Bellisario, nata nel 1989 da un’idea di Lella Golfo, ad associazioni nate per stimolare il networking professionale fra donne o la condivisione delle best practice di governance nei board, come PWA (Professional Women Association), nata all’estero ma con filiali molto attive in Italia. Poi ci sono associazioni che uniscono donne attive in precisi settori professionali, come FIDAPA (Federazione Italiana Donne, Arti, Professioni e Affari) e associazioni che, per valorizzare il talento femminile, puntano sulla comunicazione, come Profilo Donna; associazioni che sostengono la leadership femminile in azienda come Valore D e associazioni che combattono la proposizione di un modello femminile lesivo della dignità della donna, perlopiù relegata ad oggetto sessuale, come “Se non ora quando”; associazioni, infine, che si occupano di aiutare le vittime di discriminazioni, violenze, abusi a uscire dal silenzio. Tra queste Doppia Difesa.
Ed è proprio grazie al lavoro di Progetto Donne e Futuro, e delle associazioni che si battono per il miglioramento sociale e lavorativo della condizione femminile in Italia, se nel nostro Paese si stanno creando le basi per una società in cui i modelli lavorativi siano innovati tenendo conto delle specificità delle donne e degli uomini, una società il cui benessere è garantito da una giustapposizione positiva fra generi, una società in cui le donne, ma anche gli uomini, siano valorizzati in base a merito e competenze effettive. Una società di cui abbiamo assoluto e urgente bisogno perchè, ricorda l’avv. Cristina Rossello, Presidente di Progetto Donne e Futuro “Non è un caso che i paesi più colpiti dalla crisi, tra cui l’Italia, siano quelli con sottoccupazione femminile. Come dice Warren Buffett “Dimenticate l’India, la Cina, Internet: il futuro dell’economia sono le donne” e in questo momento noi donne possiamo essere esempio di crescita e dare il nostro contributo in tutti i settori”.

 
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